Ritrovato un menhir perfettamente conservato poco distante da Sa Corona Arrubia
II parco megalitico svela un nuovo tesoro. Ritrovato un menhir perfettamente conservato poco distante da Sa Corona Arrubia
Tigellio Sebis
Nuova Sardegna, 26 febbraio 2006
Marmilla sempre più scrigno prezioso di testimonianze storico-archeologiche che infrangendo le barriere del tempo ci arrivano direttamente dall'alba della civiltà. Da quel tempo profondo di quando, mentre gran parte del continente europeo era ancora avvolto nelle nebbie della barbarie, gli abitatori dell'isola già si apprestavano a compiere quel poderoso salto che avrebbe segnato il passaggio dalla preistoria alla storia lasciando tracce del loro passato. Giusto come il monolite, la statua menhir, rinvenuta nei giorni scorsi sul ciglio del dirupo della Giara di Siddi ai cui piedi sorge il villaggio nuragico de «Sa Corona Arrubia», formato in parte da ripari sotto roccia.
n rinvenimento dello stupendo monolite è avvenuto lungo quel trattura che ancora oggi viene chiamato «Sa bia de is perdas prantadas», la via delle pietre fitte, che anticamente collegava il centro di Lunamatrona a Collinas, passando laddove oggi sorge il Museo del Territorio, prima di inerpicarsi lungo i crinali che portano a «Su pranu de Siddi» dominato dalla maestosa tomba dei giganti «Sa domu de s'orcu». Uno dei tanti menhir che con tutta probabilità andava a costituire un allineamento esteso per alcuni chilometri tanto che la zona era ed è considerata alla stregua di luogo sacro per eccellenza. Un luogo sul quale ancora oggi grava un alone di mistero e mito che ha dato la stura alla fantasia popolare e nelle cui vicinanze si ergono maestosi ben sette nuraghi, «Pranu Casti», «Monte Concali» e lo stesso «Sa Corona Arrubia», tanto per citarne alcuni. A giustificare una tale concentrazione di monumenti è la posizione facilmente difendibile del sito da cui si potevano controllare le colline sottostanti e la pianura che si estende fino al golfo di Oristano, a lambire quel mare che evidentemente non era ancora considerato solo ed esclusivamente come un nemico. Nemico vero lo diventerà solo in seguito, quando diventerà la via da cui arriveranno i dominatori che si sono succeduti nei secoli. Ad aver favorito il ritrovamento sono stati i lavori che preludono all'oasi naturalistico-faunistica che sorgerà nelle adiacenze del Museo del Territorio. Si tratta di un menhir ani-conico, alto un metro e settanta centimetri circa, alla cui sommità è però leggibile una sorta di coppella che si distacca nettamente dal blocco di basalto. Un ritrovamento che in un certo senso induce ad una rilettura, anche geografica, degli "allineamenti" delle statue menhir che per quanto si riferisce alla Marmilla e al confinante Sarcidano si riteneva fossero concentrati nelle non lontane Villa Sant'Antonio e Laconi; altro fatto di estremo interesse è che parte del villaggio di «Sa Corona Arrubia», quella relativa ai ripari sotto roccia, è interessata da un corpo franoso per cui al loro interno potrebbero essere ancora presenti dei reperti risalenti alla cultura di Ozieri e precedenti.
Insomma, la Marmilla non finisce di stupire regalando alla comunità scientifica, e non solo a questa, continue sorprese che vanno ad aggiungersi alla enorme messe di testimonianze megalitiche già conosciute e mappate. Una concentrazione tale che solo nel quadrilatero formato dai comuni di Villanovaforru, Collinas, Lunamatrona e Siddi sono presenti bene 36 monumenti. Quanto basta perché in quei luoghi sia costituito un Parco Megalitico. Perfettamente in linea, quindi, con le linee programmatiche delle Regione sul fronte dei distretti territoriali. Un parco che trova ragione d'essere giusto perché ristretti in un fazzoletto di pochi chilometri si va dalle cave e stazioni di lavorazione dell'ossidiana del monte Arci alla reggia nuragica di Barumini passando per tutta la serie di emergenze storiche del centro Marmilla: summa monumentale dell'epopea che LE genti dell'isola di Sardegna.
Tigellio Sebis
Nuova Sardegna, 26 febbraio 2006
Marmilla sempre più scrigno prezioso di testimonianze storico-archeologiche che infrangendo le barriere del tempo ci arrivano direttamente dall'alba della civiltà. Da quel tempo profondo di quando, mentre gran parte del continente europeo era ancora avvolto nelle nebbie della barbarie, gli abitatori dell'isola già si apprestavano a compiere quel poderoso salto che avrebbe segnato il passaggio dalla preistoria alla storia lasciando tracce del loro passato. Giusto come il monolite, la statua menhir, rinvenuta nei giorni scorsi sul ciglio del dirupo della Giara di Siddi ai cui piedi sorge il villaggio nuragico de «Sa Corona Arrubia», formato in parte da ripari sotto roccia.
n rinvenimento dello stupendo monolite è avvenuto lungo quel trattura che ancora oggi viene chiamato «Sa bia de is perdas prantadas», la via delle pietre fitte, che anticamente collegava il centro di Lunamatrona a Collinas, passando laddove oggi sorge il Museo del Territorio, prima di inerpicarsi lungo i crinali che portano a «Su pranu de Siddi» dominato dalla maestosa tomba dei giganti «Sa domu de s'orcu». Uno dei tanti menhir che con tutta probabilità andava a costituire un allineamento esteso per alcuni chilometri tanto che la zona era ed è considerata alla stregua di luogo sacro per eccellenza. Un luogo sul quale ancora oggi grava un alone di mistero e mito che ha dato la stura alla fantasia popolare e nelle cui vicinanze si ergono maestosi ben sette nuraghi, «Pranu Casti», «Monte Concali» e lo stesso «Sa Corona Arrubia», tanto per citarne alcuni. A giustificare una tale concentrazione di monumenti è la posizione facilmente difendibile del sito da cui si potevano controllare le colline sottostanti e la pianura che si estende fino al golfo di Oristano, a lambire quel mare che evidentemente non era ancora considerato solo ed esclusivamente come un nemico. Nemico vero lo diventerà solo in seguito, quando diventerà la via da cui arriveranno i dominatori che si sono succeduti nei secoli. Ad aver favorito il ritrovamento sono stati i lavori che preludono all'oasi naturalistico-faunistica che sorgerà nelle adiacenze del Museo del Territorio. Si tratta di un menhir ani-conico, alto un metro e settanta centimetri circa, alla cui sommità è però leggibile una sorta di coppella che si distacca nettamente dal blocco di basalto. Un ritrovamento che in un certo senso induce ad una rilettura, anche geografica, degli "allineamenti" delle statue menhir che per quanto si riferisce alla Marmilla e al confinante Sarcidano si riteneva fossero concentrati nelle non lontane Villa Sant'Antonio e Laconi; altro fatto di estremo interesse è che parte del villaggio di «Sa Corona Arrubia», quella relativa ai ripari sotto roccia, è interessata da un corpo franoso per cui al loro interno potrebbero essere ancora presenti dei reperti risalenti alla cultura di Ozieri e precedenti.
Insomma, la Marmilla non finisce di stupire regalando alla comunità scientifica, e non solo a questa, continue sorprese che vanno ad aggiungersi alla enorme messe di testimonianze megalitiche già conosciute e mappate. Una concentrazione tale che solo nel quadrilatero formato dai comuni di Villanovaforru, Collinas, Lunamatrona e Siddi sono presenti bene 36 monumenti. Quanto basta perché in quei luoghi sia costituito un Parco Megalitico. Perfettamente in linea, quindi, con le linee programmatiche delle Regione sul fronte dei distretti territoriali. Un parco che trova ragione d'essere giusto perché ristretti in un fazzoletto di pochi chilometri si va dalle cave e stazioni di lavorazione dell'ossidiana del monte Arci alla reggia nuragica di Barumini passando per tutta la serie di emergenze storiche del centro Marmilla: summa monumentale dell'epopea che LE genti dell'isola di Sardegna.
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